Di Ciro Alessandro Sacco

Questo articolo nasce perché, dato il periodo, mi sembra calzante esprimere il mio pensiero sul Gioco di Ruolo dell’Anno, la competizione fra giochi che si tiene ogni anno assieme al premio fratello, il Gioco dell’Anno.

Un Best of Show rinnegato?

Non molti sanno che sono stato per molti anni giurato del Best of Show, il ‘premio fieristico’ che precede la nascita del Gioco (di Ruolo) dell’Anno svoltosi dal 1993 al 2012 e che abbandonai nel 2004, stanco delle interferenze dei vertici e in totale disaccordo con la gestione del premio stesso.

Il premio era all’epoca oggetto di molte discussioni, come d’altro canto è fisiologico anche solo per l’assioma che vede un solo vincitore e molti perdenti (scontenti); alcune di quelle discussioni, però, non possono essere solo ascritte alla normali delusioni e in alcuni circoli rimangono ancora fonte di acceso dibattito (come nel caso della ‘vittoria’ delle bozze di Warhammer Fantasy Roleplay nel 1993).

D’altro canto è inevitabile che fosse così, quando le stesse modalità di assegnazione del Best of Show (che durante la mia permanenza come giurato era diviso in due categorie: Miglior Gioco Originale/Italiano e Miglior Gioco Tradotto) erano state sempre più oggetto di costante discussione di almeno parte della giuria con gli organizzatori. Alla fine Lucca Comics & Games mutava radicalmente il premio abolendo del tutto la formula del Best of Show, a favore di una nuova, quella del Gioco (Di Ruolo) dell’Anno. Questa transizione, per altro, venne annunciata a  mezzo comunicato stampa, senza che i giurati venissero avvertiti, menzionati o almeno genericamente ringraziati nel comunicato stesso (e neanche dopo, ricordo articoli in cui i giurati del Best of Show continuavano a essere completamente oscurati).

Il Gioco (Di Ruolo) dell’Anno nella sua natura bipartita tra gioco di ruolo e gioco da tavolo non deriva solo dal Best of Show, ma raccoglie anche l’eredità del premio omonimo e antecedente organizzato dalla gloriosa testata Agonistika News di Roberto Flaibani, recentemente mancato, i cui giurati (evidentemente ritenuti dagli organizzatori persone di maggiore importanza di quelli del Best of Show) vengono almeno in parte esplicitamente menzionati. Un imbarazzo verso il Best of Show che non sembra davvero casuale dal momento che nel sito dell’attuale premio si ricordano i precedenti premiati in una sezione a parte, ma non viene nominato nessuno dei giurati, differentemente da quanto accade per il Gioco dell’Anno dove anche gli ex giurati del doppio premio sono regolarmente segnalati.

Data la formula ampiamente supportata dagli organizzatori del Gioco di Ruolo dell’Anno ‘attuale’ (depurato da tutte le storture e i pressapochismi del Best of Show) sembra che si possa mettere da parte qualsiasi forma di discussione; eppure mi sembra valido sollevare l’attenzione dei, credo non molti, interessati su un paio di punti che mi sembrano ancora aperti.

Gioco dell’Anno: un premio che serve ancora?

Il primo: a cosa serve questo premio?
Un addetto ai lavori estero ha detto che un premio o è un riconoscimento di popolarità, quindi più si vende più possibilità si hanno di vincere, oppure è un riconoscimento di ‘qualità e originalità’ (concetti che possono essere certamente arbitrari) per giochi che meritano maggiore visibilità verso il pubblico, quindi bisognosi di un riflettore in più. L’idea quindi è che il pubblico dei giocatori percepisca l’indicazione e sperabilmente si interessi ai premiati, sia nomination che vincitori. Devo dire che, come negoziante di lungo corso (1997) non ho mai assistito a un aumento di vendite di giochi, di ruolo e non, nominati e vincitori di questo premio. In un sondaggio che ha coinvolto oltre venti negozianti specializzati più della metà ha affermato che il Gioco di Ruolo dell’Anno non porta alcuna variazione mentre chi ha segnalato un aumento lo ha quasi sempre confinato al gioco da tavolo ma non al gioco di ruolo.

E’ quindi un premio ‘inutile’? Certamente no, se lo si considera un riconoscimento dato da addetti ai lavori ad altri addetti ai lavori che onorano la qualità del lavoro fatto. Il problema forse è che il segmento di pubblico che si interessa a questo premio non attribuisce alcun speciale valore al lavoro della giuria del premio, se non come interessante oggetto di discussioni, confronti e occasionali pronostici. In cuor suo, insomma, ogni appassionato di questo tipo si sente già giurato e, al limite, ascolta le raccomandazioni di amici e conoscenti: il passaparola vale anche nel XXI secolo, è solo molto più condiviso e social.

Gioco dell’Anno: come lavora la giuria?

La seconda considerazione riguarda la giuria e il suo modo di lavorare.

Non dubito che nella giuria ci siano elementi di valore, alcuni giurati sono conoscenti di vecchia data e hanno tutta la mia stima. Tuttavia, mi chiedo come sia possibile conoscere i 22 giochi di ruolo iscritti al concorso in un lasso di tempo che va (nella migliore delle ipotesi) dal 6 aprile (apertura delle iscrizioni) a (ipotizzo tenendomi molto largo) il 30 settembre per poi annunciare i finalisti l’8 ottobre. Attenzione: con “conoscere” non intendo “ricevere i manuali, sfogliarli o leggerli e magari farci qualche sessione di gioco per ‘approfondire”. Tutti gli appassionati e gli addetti ai lavori sanno (o dovrebbero sapere) che, per poter conoscere un gioco di ruolo (e non) in misura sufficiente per giudicarlo/recensirlo (a meno di non usare il brillante escamotage del “io non recensisco, faccio segnalazioni” sentito da un giornalista che scrive anche di giochi) e ancor più metterlo a paragone con altri, bisogna giocarci e rigiocarci con una ragionevole continuità (diciamo almeno quattro volte). Ad esempio, personalmente, per poter offrire una recensione valida del Quickstarter di Lex Arcana (articolo presente su su Rune numero zero) ho dovuto leggerlo e giocarlo. Giocare due avventure complete, solo dopo un’attenta lettura del gioco completo e oltre due mesi di sessioni, mi fa sentire abbastanza informato da giudicare e recensire Lex Arcana nella sua versione definitiva. Ma se dovessi compararlo con altri giochi per un’ipotetica graduatoria? Significherebbe avere la necessità della medesima conoscenza acquisita di Lex Arcana anche per tutti gli altri giochi: converrete con me che, tanto più sono i giochi, meno facile è a ottenersi una prospettiva completa per ragioni di impegno richiesto.

Mi chiedo, quindi, come sia possibile che i nove giurati (per altro non tutti provenienti dal mondo del gioco con il medesimo grado di esperienza) abbiano avuto il tempo di leggere e poi giocare ventidue manuali e provare almeno un’avventura completa per ognuno di questi giochi, il minimo a mio parere per averne una valutazione sufficiente: l’impegno di tempo sarebbe stato decisamente molto elevato (e lo dico per diretta esperienza  e chiunque giochi regolarmente può confermarlo): hanno tutti l’interesse, la passione e il tempo necessari? Non posso negare di aver forti dubbi, tanto più alla luce della mia esperienza da giurato.

Ai tempi del Best of Show, per abbreviare questi tempi che sarebbero stati molto lunghi, si ‘sperava’ che qualcuno dei giurati avesse provato prima qualcuno dei giochi pubblicati, specie se si trattasse della traduzione di un gioco – escamotage impossibile per giochi nuovi. In tal caso si doveva andare agli stand, possibilmente in gruppo, a dare un’occhiata ai titoli in concorso (!). I giurati del Best of Show, almeno ai miei tempi, non ricevevano giochi gratis, copie da poter visionare e consultare con comodo: non esattamente la più efficace delle procedure. Erano, quindi, frequenti e giustificate le lamentele degli editori coinvolti sulla scarsa ‘professionalità’ di premio e giurati; non avevano certo torto, anche se posso dire che la colpa non era certo nostra.

Malgrado ciò, il problema maggiore rimaneva un altro: stabilire una scadenza per le iscrizioni, come giustamente si fa ora, mal si conciliava con il fatto che il premio era proprio per giochi presentati in fiera (il nome era Best of Show, non Best of the Year); tale condizione di partecipazione era stata ideata evidentemente per incoraggiare gli editori stessi a pubblicare qualche novità in occorrenza della fiera (adesso sembra incredibile dovere incorggiare gli editori a portae novità a Lucca Comics & Games ma erano altri tempi…).

Sono quindi contento che il Gioco di Ruolo dell’Anno abbia introdotto molti vincoli e che gli organizzatori offrano sostegno e visibilità molto, molto maggiori ai giurati, necessari a non replicare queste e altre grosse carenze (da me peraltro sempre segnalate). Rimane, però, lo scoglio del numero dei giochi da confrontare e giudicare, cresciuto sempre più.

Ovviamente è innegabile che la giuria stia lavorando attivamente: verranno fatti certamente incontri e confronti, magari perfino partite di prova tra giurati via Skype, Zoom o altro; nulla, però, rimpiazza una serie di sessioni di gioco per esplorare sul campo regole e universo di un gioco di ruolo, anche quando i titoli sono così tanti. Penso nessuno creda che tutti i giurati abbiano provato tutti i 22 giochi in concorso in questo modo perché vita e lavoro lo renderebbero decisamente difficile. Ritengo, molto più realisticamente, che qualche giurato abbia giocato a qualche gioco che piaceva o incuriosiva e abbia ‘presentato’ questi giochi agli altri (modalità confermatami anche da qualche editore informato sui fatti che non menzionerò): una modalità di assegnazione certamente comprensibile, ma non affatto bastevole per farmi ritenere questo premio un indicazione d’acquisto come acquirente e come venditore, né, tanto meno, un riconoscimento creativo. C’è, insomma, ancora molto da fare.