La guerra dei dazi che si è scatenata su iniziativa dell’amministrazione Trump (desiderosa di ‘riequilibrare’ il deficit commerciale con il colosso orientale) tra Stati Uniti e Cina sta cominciando a interessare anche il minuscolo (di fronte alle cifre coinvolte) mondo del gioco. Nell’ultima ondata di aumenti di tariffe indicato dai responsabili commerciali statunitensi figurano infatti anche, scrive il sito Icv2.com, “board, card, miniature, and roleplaying games”. Secondo le stime del sito si prepara un aumento dei costi del 25% per i produttori che usano la Cina come fabbrica, ponendoli di fronte a scelte difficili come assorbire l’aumento accettando margini ridotti, aumentare i prezzi o spostare (ove possibile) la produzione negli Stati Uniti (ma anche qui con un aumento dei costi) o in paesi non coinvolti nel conflitto commerciale tra Cina e Stati Uniti: “a 25% increase in costs will require some hard decisions about sourcing, pricing, profit margins, and product design”. Dan Verssen Games ha già espresso la sua preoccupazione per il minacciato aumento e scritto chiaramente che porteranno inevitabilmente a un aumento del prezzo al pubblico: interpellato in merito alla possibilità di produrre negli Stati Uniti, il titolare della DVG ha risposto: “I’ve done pricing for printing in California. The cost to print in China and ship the games half-way around the world is about one-third the cost to print in California and truck the games a couple hundred miles (enfasi nostra N.d.R.). Prima che gli aumenti entrino in vigore, tuttavia, esiste una fase di ‘ascolto’ in cui gli interessati possono inviare le loro osservazioni al governo federale (e senza dubbio migliaia di lobbisti sono già all’opera…).