Ho ottenuto la possibilità di poter leggere in anteprima il libro Storie di Giocattoli di Andrea Angiolino, in uscita per Gallucci editore il 29 agosto (prezzo consigliato 14,90 euro).
Angiolino è una personalità molto presente nell’editoria ludica e, in particolare, sono frequenti i suoi interventi come divulgatore, anche radiofonici, volti a coinvolgere soprattutto giovani lettori; infatti questo volume è, in realtà, il seguito ideale di Storie di Giochi, pubblicato sempre per Gallucci Editore, casa editrice molto attenta ai bisogni di un pubblico che va dalla prima infanzia all’adolescenza e, quindi, già usa a connaturare alla lettura il gioco.
Le premesse di un simile libro sono nel ricordarci l’eterno rapporto tra gioco e ingegno, un connubio che sradica il giocattolo dal mero prodotto acquistabile come oggi, da adulti, siamo semplicisticamente portati a vederlo; Angiolino ci ricorda che in ogni parentesi ludica il bambino applica le sue qualità di adattamento e apporto fantasioso che gli permettono di trasformare in giocattolo potenzialmente qualsiasi cosa trovino sottomano. Motivo per il quale dobbiamo ricordare che storia del giocattolo non è, o almeno non solo, storia di un brand su una scatola.
Nel complesso il testo si presenta come un piccola enciclopedia ludica da poter leggere in maniera continuativa o solamente consultandola. L’ordine è alfabetico, dalla A di aeroplanino alla Y di Yo-Yo, ma le voci non hanno niente a che fare con l’asettico enciclopedismo; ogni voce contiene una narrazione del giocattolo che non è solo storica, ma coinvolge anche il punto di vista del bambino, nel quale il lettore può riconoscere parte delle proprie pratiche passate di giocatore. Di piacevole lettura anche i brani di aneddotica che restituiscono colore attraverso le ricostruzioni, sia delle vicende d’infanzia di qualche noto personaggio (come la carrozza giocattolo di Massimo d’Azeglio), sia delle sfide imprenditoriali di alcuni visionari ludici (come le bambole Lenci di Helen König).
Particolarmente interessanti le voci di giochi ormai scomparsi e, quindi, ignoti alle generazioni più recenti: io, lettrice trentenne, ho scoperto la bagatelle, il ripiglino, i cerchietti e il carretto; gli adolescenti di oggi rimarranno, forse, sorpresi davanti al tamagochi e alle clic clac. Motivo per il quale si sente un po’ la mancanza di immagini più esplicative, malgrado le illustrazioni e la grafica siano certamente piacevoli: non si può negare che la curiosità dei più giovani e la nostalgia dei più anziani sarebbero state certamente più stimolate dalla presenza di foto di repertorio (come probabilmente sarebbe stato anche il prezzo di copertina del libro…).
Riassumendo, il libro è un piacevole compromesso tra informazione ed evocazione dell’infanzia, il che lo rende adatto a qualsiasi lettore curioso alla ricerca di una lettura leggera; per i più infervorati del tema, invece, è presente a fine libro una bibliografia da cui poter partire per un approfondimento.